Dalle sorgenti al lago

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Dalla forza e la tenacia di questa valle d’Abruzzo, dalla laboriosità del popolo Veneto è risorta e prospera 

La riconosci subito: bella, pesante, tessuta con vera lana nei colori tipici, la trama disegna motivi floreali e geometrici con i famosi angeli con grande armonia ed eleganza del decoro. La riconosci per le frange che sono il vanto degli artigiani che le intrecciano in casa, preziose, ricche, un piccolo capolavoro già di per sé; e la riconosci perché non ha dritto o rovescio.

L’arte tessile che ha dato origine a questa particolare coperta ha una storia antica che affonda nel Medioevo ed è legata alla vita delle popolazioni montane che vivevano di pastorizia: mentre gli uomini stavano fuori per lunghi periodi, le donne rimanevano in casa a tessere.
La tessitura si sviluppò soprattutto a Taranta Peligna, piccolo paese situato nel parco della Majella, che godeva di una posizione privilegiata tra due importanti vie commerciali: il tratturo Magno dove transitavano le greggi, e la Via della Lana che univa Firenze e Napoli.

Ma anche l’abbondanza delle materie prime necessarie ha giocato un ruolo importante: le sorgenti di acqua purissima, il legname, le piante tintorie indispensabili nel processo di colorazione della lana che doveva bollire dentro grandi recipienti con il mordente e le varie piante, ognuna scelta per la tonalità cromatica.
Già nel tardo Medioevo si hanno notizie di lanifici e il paese divenne presto un fiorente centro commerciale e tessile.

Taranta Peligna divenne famosa in tutta Europa perché lì si realizzava il panno di lana nera infeltrita chiamata “la Taranta”, utilizzato per le mantelline dell’esercito borbonico, ma anche le “ferrandine” stoffe pregiate di lana e seta per tappeti, arazzi, coperte.

Nel tardo quattrocento, in pieno Rinascimento e con l’avvento dei Principati e delle Signorie la produzione tessile della Valle dell’Aventino registra un grande sviluppo e nell’Ottocento nasce la famosa coperta abruzzese pezzo indispensabile del corredo della sposa.

Nel 1564 fu “Principato el campanile” della Chiesa di San Biagio, più nota per il suo imponente portale ligneo.
A quell’epoca il piccolo paese doveva essere molto ricco per chiamare tali maestranze a fare grande il culto di San Biagio protettore del lanaioli. La produzione andò avanti per secoli mantenendo intatte le caratteristiche decorazioni e la qualità dei materiali.
Oggi è divenuta cosa rara trovare questi pregevoli prodotti artigianali realizzati sempre con la stessa cura e maestria grazie agli “esperti di frangia” che detengono ancora la particolare abilità nel completare la coperta e all’opera dell’ultimo lanificio ancora attivo, superstite di una tradizione millenaria.

Leonardo da Vinci, terminato il suo idillio con Ludovico il Moro, nel 1499 si avventura negli Abruzzi con il suo amico Paolo Trivulzio, un mercante milanese di stoffe. 
Leonardo, non più giovanissimo, a quarantasei anni affronta un difficile viaggio che lo porterà prima a L’Aquila e poi a Sulmona.
La lana dell’Aquila era la più pregiata sul mercato, tanto che alcuni centri abruzzesi intorno a quegli anni avevano stretti rapporti commerciali con Firenze e Milano, che ne assorbivano la produzione sia come materia prima che come prodotti lavorati.
Trivulzio scendeva spesso negli Abruzzi, dove acquistava la preziosa lana tessuta sugli altipiani aquilani. 

“In seguito passarono per Taranta Peligna, dove Leonardo, ben più pratico di automatismi e macchine rispetto al suo amico Trivulzio, riuscì nell’ardua impresa di capire il funzionamento di quei telai, che all’epoca erano all’avanguardia della tecnica.”

Leonardo venne a Taranta Peligna, territorio produttivo sotto diretta influenza fiorentina, evidentemente con compiti tecnici ingegneristici, legati alle numerose gualchiere ed ai Telai,  per sdebitarsi, abbozzò disegni e trame che i tessitori di Taranta Peligna utilizzarono negli anni a venire, fino ad oggi, per creare le celebri coperte abruzzesi, sempre più preziose e rare.

Le prove del viaggio di Leonardo in Abruzzo e a Taranta Peligna sono rinvenibili nella “Royal Collection” di proprietà di sua maestà il Re d’Inghilterra Carlo III, conservati presso il castello di Windsor, si possono vedere alcuni bozzetti realizzati da Leonardo da Vinci che raffigurano la città di Sulmona, un affresco che rappresenta il Morrone e uno la Majella.